Una cucina per l'Oratorio: perché?

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Con la fine di novembre sono iniziati i lavori in oratorio con l’obiettivo di cambiare la destinazione d’uso di quattro locali adibiti: uno era la nostra cantina, due erano magazzini con materiale vario dei passati carnevali, un altro ancora pieno di vecchie cianfrusaglie. A cosa hanno portato questi lavori? Ad Uua cucina, una sala per mangiare, un bagno ed una dispensa.
In due mesi i lavori sono stati terminati: quanta generosità, quanta condivisione, quanta provvidenza! Ringrazio il Cuore Immacolato e affido ogni famiglia ancora a Lei. La generosità è stata tantissima.
Ma perché una cucina in Oratorio?
Sinteticamente perché mangiare insieme significa costruire relazioni. Mangiare è più di nutrirsi, essendo sempre uno stabilire una relazione con se stessi, con gli altri e con gli alimenti che ci riportano a una solidarietà umana che ci oltrepassa.
L’oratorio è chiamato, da questo punto di vista, ad essere luogo di convivialità. Non c’è luogo - forse - dove la convivialità si esplichi meglio che a tavola, quando le persone si incontrano e dialogano fra loro. Qui troviamo l’espressione più completa della vita relazionale, della condivisione, della solidarietà.
E’ bello ciò che dice Papa Francesco sul giubileo: centrale non è varcare semplicemente la Porta Santa, ma costruire relazioni nuove, aprirsi all’altro e prendersi cura di lui.
In tutte le culture e in tutte le epoche il mangiare, soprattutto il mangiare insieme, ha una portata sacrale che va al di là della realtà della consumazione del cibo e del nutrirsi. Per questo si parla del banchetto, del convito di un sacramento primordiale naturale, cioè di un segno profondo e misterioso di una realtà spirituale che è insita intrinsecamente nell’esperienza umana del mangiare insieme.
Dietro l’aspetto materiale del mangiare insieme, e del preparare insieme un pasto, c’è la ricchezza di un’esperienza umana che ha le sue risonanze spirituali e che trova la sua pienezza di espressione e di significato nel banchetto eucaristico.
Il convito, il banchetto infatti è realizzazione storica di quell’aspirazione profonda alla comunione con gli altri, nella pace, nella gioia della festa che è presente nel cuore di ogni essere umano.
Non per nulla Gesù ha scelto lo stile della convivialità per annunciare il regno di Dio in mezzo agli uomini. Sì, Gesù si è seduto a tavola con gli uomini. A tavola Gesù ha raccontato del Regno di Dio, a tavola ha incontrato i peccatori. Preferiva la mensa al pulpito, questo gli permetteva di raccontare più che di istruire. Ed è ad una mensa che ha consegna il segno più grande della sua vita. Non possiamo dimenticare la fortissima relazione tra la mensa eucaristica e la mensa domestica.
La nostra chiesa ha una splendida mensa eucaristica: penso soprattutto alla grande tavola del tempio. Tutto è costruito attorno ad essa ed entrando da qualsiasi porta lo sguardo è portato al grande altare. Abbiamo una mensa domenicale bellissima attorno alla quale trovarci per spezzare il pane eucaristico. Forse ci mancava una mensa feriale, un tavolo attorno a cui trovarci per crescere nella convivialità. Per parlare, ridere, scherzare e raccontarci un po’.
Da tutto ciò è nata l’idea di iniziare impegnativi lavori per dotare l’Oratorio di una mensa feriale e avere così due grandi tavole intimamente collegate: una in chiesa, una in Oratorio.
“Il Cristianesimo - diceva Papa Francesco ad un’udienza di novembre - ha una speciale vocazione alla convivialità, tutti lo sanno. In questo nostro tempo segnato da tante chiusure e da troppi muri, la convivialità, generata dalla famiglia e dilatata dall’Eucaristia, diventa un’opportunità cruciale.”
2020-05-26 15:50:35
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