“Questo tempo a me da del tempo. Mi ha obbligata a mettermi seduta e a fare i conti con me stessa. E quindi è una fatica buona, che dovevo affrontare e che lentamente sto cercando di fare. Durante il giorno io lavoro e questo mi dà un ritmo, ma mi mancano tantissimo tutte le altre attività che sono attività perché sono relazione. Tutte le piattaforme social possibili per parlare con gli altri sono un’altra cosa”. Ester racconta la sua quarantena. Non lo fa volentieri perché è persona riservata nella sua solarità. Ma ha accettato di aprire virtualmente la porta di casa sua, dove vive sola, e mostrare che cosa sta succedendo lì. Ci sono libri ammonticchiati, come la meravigliosa Trilogia della pianura di Kent Haruf, e finalmente la possibilità di leggere. C’è carta e penna e il ritorno alla scrittura. La casa è stata pulita a fondo, anche se l’armadio è ancora pieno di tutte le cose che non mette e vorrebbe buttare. C’è, per fortuna, il pranzo condiviso con i genitori che abitano vicino. C’è il computer e gli esercizi da fare insieme ai compagni del corso di teatro. Un esempio: ciascuno è stato invitato a scrivere i suoi 50 modi di pensare alla parola “restare” e poi fare una foto da associare ai propri “restare”: “è stato un bel lavoro, perché mi ha aiutato a tirare fuori qualcosa di nuovo e di sé”. Ovviamente c’è il telefono, diventato luogo di incontro virtuale, finestra sul mondo, da cui grazie al cielo arrivano anche belle notizie, come quella dei due amici in attesa di un figlio.
Questo tempo “ha fatto emergere quali sono le cose che mancano davvero: tra tutto quello che faccio non tutto mi manca in uguale misura. Forse dipende dalle relazioni più o meno profonde e vere”. Questo tempo “è un setaccio: separa le cose che riempivano la vita senza dare troppo senso e gusto da quelle che dal punto di vista relazionale davano di più”. Questo tempo “mi sta insegnando che il tempo deve essere più dedicato, meno di corsa. Quindi lascerò stare alcune cose”. Questo tempo “m’insegna a non lasciare non dette le cose, a trovare nuovi modi per dirle; a fare le cose anche quando sembrano stupide, sciocche o non nel momento giusto; a fare gli abbracci, mettendo da parte l’orgoglio, a condividere senza timore dei giudizi. Perché le cose lasciate in sospeso in questo periodo mi pesano tantissimo”. Questo tempo mi fa capire “quanto siano importanti cose che diamo per scontate come la libertà, anche quella di uscire, di poter scegliere che cosa fare”.
Ester in questo periodo è anche la “lettrice” ufficiale delle messe celebrate in streaming da don Ocio ogni domenica: “A me piace leggere, quindi lo faccio volentieri. E cerco di leggere come servizio per arrivare a tutti”. Ed è una “fortuna”, racconta, anche se “quando leggo alzo pochissimo lo sguardo perché mi fa impressione la chiesa vuota”. Alla veglia di pasqua invece è stato emozionante trovare la chiesa riempita di lumini bianchi sui banchi ed “essere una delle poche presenze tra quelle luci”. “Mi sono accorta di quanto sia importante la presenza delle persone a messa, anche se non sono intime o conosciute”. Andare in chiesa per la messa è anche occasione di scambiare parole con don Ocio e sentirlo raccontare di come “la comunità sia molto viva” in questo periodo.
Se tutto si riaprisse oggi? “Andrei a trovare i miei nipoti e mio fratello, che sento tutti i giorni ma non posso abbracciare, sicuramente abbraccerei un sacco di gente. Vorrei rivedere i miei bimbi di catechismo: è un cammino che mi manca. Vorrei tornare a vivere la routine, che manca tanto”.